Il valzer degli alberi e del cielo. L’ultimo amore di Van Gogh, di Jean-Michel Guenassia

 

“Non si deve dipingere ciò che si vede, ma ciò che si sente” Van Gogh

Un racconto a metà tra verità storica e fantasia che, sfidando molti luoghi comuni correlati alla figura del grande pittore, ne presenta un ritratto affascinante, innovativo sia come artista che come uomo. Infatti nonostante il romanzo sia frutto della fantasia di Jean-Michel Guenassia, possiamo apprezzare la sua grande capacità di includere nella narrazione fatti di storia documentata che rendono lo sfondo estremamente preciso, oltre ai reali spezzoni di articoli di giornale dell’epoca, che aiutano chi legge a calarsi nell’atmosfera storico-politica della Francia di fine Ottocento. Bellissimi anche gli intermezzi costituiti dai reali stralci di epistole che Vincent scambia in particolare con l’amico Gauguin e con il fratello Theo, mercante d’arte e suo primo ammiratore. Lettere piene di riferimenti artistici ma anche di profondi pensieri sulla vita, che mettono in risalto un inimmaginabile talento dell’artista anche per la scrittura.

Il personaggio narrante è Marguerite, attraverso i suoi occhi il lettore segue meravigliato la quotidianità e le attività creative di Vincent, lungo gli ultimi due mesi di vita dell’artista caratterizzati da una fiamma che rese il suo modo di dipingere un vero e proprio bisogno per placare il suo animo tormentato.

Tra Vincent e Marguerite nasce un rapporto di amicizia che sfocia presto in travolgente passione. Un amore impossibile.

Marguerite è una donna emancipata, che vive intrappolata nel ruolo classico del tempo; vive nella speranza di diventare pittrice, nonostante viga il divieto imposto alle donne di frequentare l’Accademia delle Belle Arti. Il bisogno di indipendenza è minacciato continuamente da un matrimonio di interesse concordato dai genitori, da qui l’assillante sogno di abbandonare la Francia per trasferirsi in America, sogno che resterà chiuso a doppia mandata in un cassetto.

Gachet, il padre era il dottore omeopata che a Auvers-sur-Oise teneva in cura Van Gogh nell’ultimo periodo della sua vita; nel romando viene narrato che avendo il dottore appurato che il proiettile che aveva ferito Van Gogh non si poteva estrarre, non fece null’altro che fasciarlo e, approfittando del momento, ritrasse il pittore sul letto di morte senza cercare di mantenerlo in vita. Gachet era un pittore amatoriale, è a lui che molti attribuiscono la seconda copia del suo stesso ritratto.

Come sulle note di un valzer, la narrazione si sviluppa attraverso uno stile leggero e scorrevole; i riferimenti al mondo dell’arte e anche della letteratura rendono il racconto elegante, raffinato e seducente, come i dipinti di Van Gogh.

Francesca Senna