
Ho riletto in questi giorni quieti d’agosto un piccolo libro che già molte volte, nel corso degli anni, prima da adolescente e poi da adulto, mi ha permesso di riflettere e meglio indirizzarmi nel tentativo di avvicinarmi allo Zen.
Lo Zen e il tiro con l’arco non è un romanzo, come il celebre, bellissimo e ben più recente Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta, di Robert M. Pirsig, di cui certamente scriverò, ma un libro di un centinaio di pagine che descrive il percorso dell’autore, E. Herrigel, professore di filosofia nell’Università tedesca di Heidelberg nei primi del Novecento, verso la comprensione dello Zen. Nel 1924 Herrigel venne invitato in Giappone per tenere dei corsi di filosofia, cosa che, come scrisse, accolse con grande piacere anche per l’idea di “entrare in rapporto con il buddhismo e la sua mistica”. I primi tentativi di entrare in contatto con questo mondo furono, racconta, deludenti e imbarazzati consigli di dissuasione. Le persone con le quali parlava gli dicevano che fino ad allora nessun europeo si era occupato seriamente di Zen. Sostenevano poi, che nessun europeo avrebbe avuto possibilità di avvicinarsi a quel mondo, a meno che non lo avesse fatto tramite un’arte che fosse in rapporto con lo Zen stesso. Tra queste arti avrebbe potuto scegliere, per esempio la Spada, L’Arte di disporre i fiori, la Pittura ad inchiostro, il Tiro con l’arco. Ritenendo fosse più vicina al suo carattere, scelse quest’ultimo e da qui inizia un cammino lungo e difficile, fatto di fatica e delusioni, di esercizi monotoni e ripetitivi, di messa in discussione delle proprie convinzioni e del proprio sapere fino all’idea dover dimenticare tutto l’appreso.
Nella sua breve introduzione al libro, D. T. Suzuki, autore del celebre “Saggi sul Buddhismo Zen” (fonte di ispirazione e conoscenza per lo stesso Herrigel), scrive: In questo meraviglioso libro il professor Herrigel, un filosofo tedesco che è venuto in Giappone si è esercitato nel tiro con l’arco per comprendere lo Zen, dà un illuminato ragguaglio della propria esperienza. Il suo linguaggio permetterà al lettore occidentale di avvicinare questa esperienza orientale, così singolare e all’apparenza inaccessibile.
Per tutti i curiosi dell’Oriente, dello Zen e delle arti ad esse collegate, questo è il “primo” ed imperdibile libro da leggere e rileggere.
di Fabio Ascani