IL RACCONTATORE di Frank O’Connor

C’è stato un periodo della mia vita durante il quale privilegiavo la lettura dei racconti. Più erano brevi e meglio era. Chissà perché? Andavo di fretta. Volevo storie che giungessero velocemente ad una conclusione, magari lasciandomi senza fiato per un finale da stupore o che mi facessero riflettere. Già, ma racconti con queste qualità mica si trovano facilmente. Sono rari.

Successivamente è giunto il periodo dei romanzi e più erano lunghi meglio era. Ho adorato immergermi e perdermi completamente in una storia; conoscere tanti personaggi e le loro vita; arrivare quasi ad indentificarmi nel racconto stesso. E quando poi inevitabilmente si arrivava all’ultima pagina, all’ultima rigna, all’ultima parola e il libro si chiudeva, iniziava la malinconia. Mi sentivo triste perché la parola “fine” aveva sancito il distacco da qualcosa che avevo sentito “parte di me”. Per qualche giorno avrei dovuto elaborare il lutto.  Intendiamoci, ciò descritto accadeva, e qualche volta accade ancora, solo con libri speciali, e per fortuna ne esistono molti.

Col passare degli anni, questo genere di sensazioni è diventato sempre più raro e, anche se leggo meno narrativa di una volta, continuo a prediligere i buoni romanzi nella scelta di un libro ma di certo non disdegno, quando capita, le raccolte di racconti. L’ultima che ho letto, qualche settimana fa, è intitolata “Il Raccontatore”, di Frank O’Connor. Si tratta di un piccolo volume della Sellerio che tenevo in biblioteca da almeno trent’anni senza mai averlo aperto. Poi in uno dei giorni del lockdown ho iniziato a sfogliarlo, a curiosare fra le sue pagine, a leggiucchiare qualche riga saltellando di pagina in pagina e alla fine l’ho letto tutto.

Frank O’Connor, dublinese, ho scoperto che era uno vero specialista nella stesura di racconti. Ne scrisse moltissimi durante la tutta la sua vita e, questa edita da Sellerio, è un’accurata selezione ad opera di Guido Almansi, scrittore, traduttore e critico letterario, autore anche dell’interessante introduzione, fondamentale per quelli che come me non conoscevano bene O’Connor, e che così possono collocarlo perfettamente nel suo tempo e nella sua Dublino, dov’era amico di James Joyce che certamente ne oscurò la fama.

I racconti ci parlano di persone comuni: donne, uomini, giovani e meno giovani, bambini, contadini, borghesi. Alcuni personaggi appaiono come in un “tempo fermo”, altri sono calati con precisione negli eventi crudi e reali della guerra civile degli scontri violenti dell’IRA.

Non ci sono giudizi di valore, non c’è profonda ricerca interiore, nella loro brevità le narrazioni non lo permettono, ma sonno mostrare la vita, dipinte azioni, fatti, luoghi e l’autore lo fa senza esitazione, con tutta la sua abilità affabulativa.

Bello. Alcune pagine da rileggere senz’altro, anche a distanza di poco tempo o magari più in la negli anni.

di Fabio Ascani