LE VALIGIE DI AUSCHWITZ di Daniela Palumbo

Un testimone è una persona che conosce un fatto perché lo ha visto o vissuto.

Così scrive Daniela Palumbo nelle prime righe nel prologo del suo libro Le Valige di Auschwitz. Pur non essendo lei una testimone, ha comunque saputo, documentandosi sui testi storici e attraverso i racconti di chi ha vissuto i fatti, cosa fu la persecuzione degli ebrei, cosa furono i campi di sterminio.

Ad Auschwitz, campo di sterminio in Polonia, luogo della memoria visitato ogni anno da persone provenienti da tutto il mondo, c’è una stanza, la 4 del blocco 5, dove dietro una vetrata sono ammassate migliaia di valige di tutti i tipi e su ognuna è scritto un nome, un cognome e un indirizzo. Ad ogni valigia corrispondeva una persona. Per ogni persona una speranza infranta e una vita spezzata.

Quelle narrate nel libro sono storie di bambini che, indifferentemente dagli adulti, subirono l’abomino nazista. Non si fa riferimento a persone realmente esistite, ciò che è scritto è pura narrativa. Sono però racconti verosimili che, senza inoltrarsi nella descrizione cruda dell’orrore, ma con grazia, semplicità e verità, mostrano attraverso le loro vicende e quelle delle loro famiglie, ciò che accadde in gran parte dell’Europa sotto la dominazione nazista, quando, come già era in Germania, anche in Italia, Francia, Polonia vennero approvate o imposte le abominevoli leggi raziali che di fatto toglievano ogni diritto agli ebrei. Non importava che fossero uomini o donne, vecchi o giovani, o più piccoli!

Una delle prime cose che accadeva ai bambini ebrei era che fossero allontanati da scuola. Carlo, Hannah, Jacob, David, Emeline, i protagonisti del libro di Daniela, vivono questo momento con incredulità, stupore, innocenza. Non possono capire. E chi potrebbe del resto? Si sentono invisibili, come un divano ricoperto da un lenzuolo in una casa dove invece la vita continua come ogni giorno. Per loro tutto improvvisamente cambia e la fanciullezza che doveva essere spensierata viene di colpo spezzata. Nelle case mancherà il cibo, i genitori perderanno il lavoro, quelli che fino al giorno prima erano amici non oseranno più nemmeno degnarli di uno sguardo. Sui loro vestiti viene cucita una stella gialla così che possano essere riconosciuti, già, perché come nota la piccola Hannah, gli ariani avevano bisogno di guardare la stella di David per riconoscerli, visto che non avevano proprio nulla di diverso da chiunque altro se non il fatto di essere nati ebrei.

E poi arriva il momento in cui bussano prepotentemente alla porta di casa. Uomini senza pietà ordinano di preparare le valige. Nessuno può replicare. Un ebreo non ha diritti, dicono, e non possono più stare li. Solo chi in quel momento non è in casa ha la fortuna di non venir portato via. E non manca, in un mondo impazzito, un filo di speranza, incarnato in alcuni personaggi pronti a rischiare tutto per salvare la vita di una bambina o un bambino innocente.

Le Valigie di Auschwitz, vincitore del premio letterario Il Battello a Vapore, si rivolge principalmente ad un pubblico giovane, ma è un libro toccante per donne e uomini di ogni età. È un libro per non dimenticare uno dei momenti più tristi della storia e riflettere su come sia possibile che certi abomini possano accadere, perché sono accaduti più e più volte, in più luoghi e potrebbero ripersi ancora.

Giornalista e scrittrice meravigliosa, della quale avevo già scritto parlando del libro Il cuore coraggioso di Irena, Daniela Palumbo ama rivolgersi, ai più giovani affrontando temi importanti, spesso difficili, perché in fondo i ragazzi meritano più che favole e fantasy, senza nulla voler togliere al genere, dimostrando di avere per loro un’attenzione e considerazione che non tutti gli autori sanno avere.

Fra le sue opere voglio ricordare anche Fino a quando la mia stella brillerà, scritto con Liliana Segre, A un passo dalle stelle e Noi ragazze senza paura. Sono libri che vale la pena leggere, che non lasciano indifferenti, che possono aiutare a crescere ragazze e ragazzi dai 9 a 99 anni.

Fabio Ascani