
Un libro che mi è arrivato per caso in uno scambio di libri “usati” e sinceramente, non so neanche da quanto tempo facesse oramai parte del mio personale bagaglio di libri da leggere…perché poi alla fine chi è compulsivo come me nel “raccogliere tesori” spesso finisce per leggere i soliti autori che ama e a cui è affezionato.
Ma arriva sempre il momento in cui un libro, per un motivo o l’altro, richiama la nostra attenzione. Come in questo caso dove il binomio di destinatario e sconosciuto presente nel titolo, è stato vincente per la mia.
Ci troviamo di fronte ad un breve racconto epistolare scritto nel 1938, ma ambientato nel novembre dell’anno 1932, dove l’ebreo americano Max Eisenstein e il tedesco Martin Schulse, soci in affari di una galleria d’arte a San Francisco e amici fraterni, decidono di intraprendere due nuove vite poiché Martin, pochi anni prima della Seconda Guerra mondiale, decide di tornare in Germania con moglie e figli.
I due rimangono in contatto attraverso un sentito e sentimentale scambio epistolare in cui condividono parole di perenne amicizia e rispetto, fino a quando il velo nero della storia che nel 1933 vede Hitler prendere il potere, cala impietoso sul loro legame: Martin infatti si lascia sedurre dall’ideologia nazista e col passare dei mesi trasforma il proprio pensiero, soprattutto nei confronti di Hitler che diviene ai suoi occhi uomo di grande fascino e carisma. Le sue lettere si trasformano, da questo istante, nello specchio di quello che con probabilità è stato il meccanismo propulsore del nazismo, ossia il desiderio di rivalsa dei tedeschi oppressi dalle terribili condizioni susseguenti la prima guerra mondiale. Hitler è visto come colui che può risollevare la Germania dalla polvere in cui gli alleati l’hanno trascinata; poco importa se ciò si porta dietro degli sgradevoli “effetti collaterali” visto che sempre “il fine giustifica i mezzi“.
L’autrice, grazie ad un coinvolgente quanto drammatico crescendo scandito dallo scambio epistolare che si svolge nell’arco di due anni, ci rende partecipi della evoluzione degli stati d’animo dell’uno e dell’altro personaggio, passando attraverso la felicità e il desiderio di riscatto, la preoccupazione poi, la speranza, l’esaltazione, la disperazione, e la distruzione di un’amicizia, di fronte agli eventi del nazismo. Evoluzione di stati d’animo che nel loro piccolo non sono altro che manifestazione di uno stato generale di una intera nazione.
Max nota questo cambiamento radicale, se ne stupisce, non sembra credere che l’amico di sempre pensi quelle cose e lo voglia allontanare. Cerca quindi di fargli prendere coscienza di quanto assurde possano sembrare le sue parole agli occhi della loro amicizia. Purtroppo Martin non cambia atteggiamento neanche quando Max, disperato, lo supplica di accogliere e proteggere sua sorella Griselle, attrice ebrea che è stata amante di Martin e che, nonostante gli avvertimenti ricevuti dal fratello, ha voluto ugualmente recitare a Berlino, andando a finire esattamente nelle braccia del nemico.
Nel comportamento di Martin, nel suo egoismo nei confronti di questa giovane donna vediamo la massima espressione, il punto di rottura della loro amicizia, tradita nel nome della cieca ideologia imperante. E proprio questo comportamento trasporterà il racconto verso un simbolico rovesciamento dei ruoli fino a far scatenare in Max un odio tale che lo porterà ad ordine una raffinata quanto terrificante vendetta nei confronti dell’ex amico.
La stessa storia personale dell’autrice – che sin da principio aveva manifestato la pericolosità per l’Europa dell’ascesa del nazismo – ci rende concreto il periodo storico, dovendo lei stessa nascondere il proprio nome Kathrine Kressmann, dietro quello di Taylor, ricorrendo al cognome del marito per non incorrere in discriminazioni di carattere sessuale.
Il racconto ebbe un successo clamoroso nel 1995 quando, in occasione del 50esimo anniversario della liberazione dei campi di concentramento, venne ristampato, tradotto in oltre venti lingue, raccogliendo tutto il merito di aver svelato al mondo le cose indescrivibili che stavano accadendo in Germania.
Perché la storia è ciclica nei suoi eventi, anche quando sono di carattere distruttivo e l’uomo nel suo spesso limitato ed egoistico modo di vedere, non riesce ad imparare dalle esperienze passate.
Francesca Senna